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DSA: il punto di vista di una pedagogista (parte 2)

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Ritorniamo sull’argomento DSA. Ma cosa sono i Disturbi Specifici dell’Apprendimento? Proviamo a riassumerli brevemente:

• Dislessia: difficoltà a leggere, comprendere e studiare (inversioni, lettere che si muovo…)

• Disgrafia: difficoltà ad organizzare lo spazio nello scrivere e nel disegnare

• Disortografia: errori ortografici, difficoltà con le doppie, inversioni…

• Discalculia: difficoltà con le sequenze, i numeri, i calcoli, le formule geometriche…

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Parlare di DSA significa infatti addentrarsi in una realtà molto complessa, siamo di fronte ad una tematica che può essere trattata da differenti punti di vista e di cui possono occuparsi diverse professionalità.

I bambini e i ragazzi con diagnosi di DSA non sono né ‘pigri’ né ‘non intelligenti’, come spesso (ed erroneamente!) vengono etichettati. Sono semplicemente persone che hanno un diverso modo di apprendere.

Proprio perché i bambini/ragazzi con DSA hanno un quoziente intellettivo assolutamente nella norma, spesso, sono perfettamente consapevoli delle loro difficoltà ed è proprio per questo che, a mio giudizio, è importante proporre loro anche un intervento di tipo educativo.

Dal mio punto di vista, un trattamento prettamente neuro-cognitivo, è sì fondamentale ma non sufficiente.

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Il pedagogista infatti non si concentra esclusivamente sulle cause biologiche, psichiatriche alla base del disturbo, ma considera il bambino/ragazzo nella sua globalità, come persona che deve poter godere di una condizione di benessere. E’ compito del pedagogista progettare interventi didattici-educativi che facciano leva sulle risorse interne del minore e che lo coinvolgano nel superamento delle sue difficoltà.

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Il lavoro educativo nei casi DSA si concentra sui seguenti punti fondamentali:

• costruire una relazione: darsi del tempo per conoscersi, aprirsi, sentirsi sicuri;

• destrutturare il sentimento di “impotenza appresa” individuando opportuni strumenti di rinforzo. Dopo tanti fallimenti è possibile che il bambino abbia un atteggiamento di rinuncia nei confronti del lavoro scolastico e che inizi a dubitare dell’importanza del proprio impegno;

• mettersi in gioco: se il bambino si percepisce come ‘capace’ e accettato così come è, sarà invogliato a sperimentarsi anche sulle cose che gli potrebbero creare difficoltà;

• creare gli strumenti di supporto: un bambino che ha preso confidenza con il proprio stile di apprendimento può collaborare alla creazione degli strumenti compensativi più adatti alle sue personali esigenze.

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Dott.ssa Laura Pederzani
(pedagogista)

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articolo pubblicato su www.babyinitaly.com

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